L’Associazione Giobbe compie 35 anni: da sempre vicina ai malati di AIDS e HIV e alle loro famiglie
Sensibilizzazione e assistenza: i cardini dell’attività dell’associazione
Torino, 18 luglio 2025
Il 18 di luglio 1990, a Torino, in un afoso pomeriggio, un gruppo di persone si recava dal notaio per costituire l’Associazione Giobbe: donne e uomini che, nella semplicità quotidiana, cercano di condividere il cammino con persone che hanno contratto l’HIV o che sono in AIDS conclamato.
L’esperienza nasceva per volontà di Severino Poletto, allora Arcivescovo di Torino, e per opera della Caritas diocesana e dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute, con il supporto del prof Walter Grillone, infettivologo primario dell’Amedeo di Savoia di Torino, per dare risposte immediate al dramma che i malati di AIDS stavano vivendo. In quegli anni la malattia colpiva senza pietà e si stava vivendo una vera e propria emergenza.
Da allora molte cose sono cambiate: «Inizialmente era considerata una malattia fatale – ricorda Giuliano De Santis, presidente dell’Associazione Giobbe -. In questi anni, per merito di scoperte scientifiche e di progressi terapeutici, si è passati da una malattia mortale a una malattia cronica grazie allo sviluppo di terapie antiretrovirali, che hanno migliorato significativamente la qualità e l’aspettativa di vita delle persone che vivono con l’HIV. Però è necessario agire con tempestività. Se si pensa di aver avuto un comportamento a rischio, occorre fare subito l’esame del sangue. Non si deve, però, abbassare la guardia, la pandemia globale continua a persistere, con tassi di infezione elevati e accesso diseguale alle cure in diverse parti del mondo».
Sensibilizzazione e assistenza sono stati i cardini fondanti dell’attività dell’Associazione Giobbe in questi trentacinque anni: «I progetti sono stati realizzati – aggiunge Luca Iorfida, direttore dell’Associazione Giobbe – grazie all’impegno di oltre 200 persone tra volontari, operatori e obiettori di coscienza e il sostegno di realtà territoriali quali la Compagnia di San Paolo».
Sensibilizzazione rivolta alla prevenzione della malattia con incontri nei luoghi di aggregazione sociale (dall’università ai centri giovanili), corsi di formazione e molte attività nelle scuole proprio per parlare di HIV e malattie sessualmente trasmissibili. Grazie alle 232 (ad oggi) repliche dello spettacolo teatrale “Beata conoscenza” (studiato da attori e virologi per parlare ai giovani) si sono raggiunti oltre 16000 ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado: «Ci siamo concentrati sui giovani, senza trascurare altre fasce d’età perché l’HIV non fa distinzione di generazioni – puntualizza Marco Peretti, vice presidente dell’Associazione Giobbe -. Ma sensibilizzare le persone per noi vuol dire anche cercare di scalfire lo stigma e la discriminazione che persistono, nonostante i progressi, influenzando negativamente la vita delle persone che vivono con l’HIV».
Riguardo all’assistenza, in questi anni l’Associazione Giobbe è sempre stata in prima linea per alleviare la grande sofferenza e la solitudine dei malati di AIDS e delle loro famiglie. Sin dall’inizio ha individuato come prioritari il sostegno in ospedale e a domicilio e la creazione di una struttura di accoglienza. Nasce così Casa Giobbe, al confine tra il comune di Torino e Grugliasco, una delle prime del Piemonte, per persone sole e abbandonate, in stato avanzato della malattia. Un luogo familiare di relazioni interpersonali e di reciproco aiuto. Ad oggi sono passate in residenza 172 malati: «All’inizio – ricorda con tristezza Luca Iorfida – era, purtroppo, un luogo di accompagnamento alla morte. Oggi invece è diventata una casa vera e propria dove gli ospiti, seguiti da persone competenti, stanno insieme, fanno attività, piacevoli uscite: almeno 60 gite di un giorno, in questi anni, e 34 settimane di vacanze tra mare e montagna. Insomma compatibilmente alla loro situazione sanitaria e alle nostre difficoltà operative si cerca di far vivere ai malati ospitati una vita la più normale possibile».
E poi c’è l’assistenza (dalla sanitaria alla burocratica) domiciliare e residenziale, per non lasciare solo chi sta affrontando un momento difficile (malati e famiglie): «Siamo convinti – sottolinea Marco Peretti – che l’assistenza domiciliare sia una tappa fondamentale per una sanità rispettosa del malato e della sua famiglia. Per questo in questi anni, nonostante le difficoltà economiche, abbiamo erogato 160.000 ore di assistenza domiciliare e 378.000 ore di assistenza sociale ed educativa in Casa Giobbe».
Accanto a queste attività quotidiane molte sono state le iniziative di solidarietà avviate dall’Associazione Giobbe nel resto del mondo. Progetti che, nella maggior parte, erano diretti a sostenere strutture che ospitavano persone colpite da AIDS o in HIV e a sostenere attività di prevenzione in India, in Kenya, in Etiopia e in Romania.
«Siamo un’associazione aperta – conclude Giuliano De Santis -, abbiamo bisogno di volontari, di persone che ci stiano vicine. Intanto la medicina continua ad andare avanti trasformando l’infezione da HIV da una condanna a morte a una condizione gestibile, riducendo drasticamente la mortalità e aumentando l’aspettativa di vita, consentendo a molte persone di vivere una vita lunga, produttiva e con una qualità migliore. Ma resta fondamentale la diagnosi precoce. E non bisogna distrarsi in materia di prevenzione: si sta registrando anche in Italia un lieve incremento dei casi. Ancora tanto, però, si deve fare sul piano sociale, di accettazione di chi è colpito da HIV. Su questo vogliamo lavorare molto in futuro».
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